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Il vampiro con le ali d'acciaio

"Non esiste il denaro pubblico, ma soltanto quello del contribuente." Margaret Thatcher

Mesi fa è stato pubblicato il Decreto Rilancio che, tra le varie cose, stabilisce anche la definitiva nazionalizzazione di Alitalia, la compagnia aerea in crisi da quasi trent’anni e in amministrazione commissariale da quasi tre anni, che è sopravvissuta da allora soltanto grazie ai continui prestiti erogati dai tre Governi che si sono succeduti. Nonostante la decisione fosse stata presa tempo fa solo ultimamente il Governo ha rivelato il nuovo piano industriale. Questa settimana, infatti, Stefano Patuanelli, Ministro dello Sviluppo Economico, ha dichiarato che la flotta sarà costituita da 70 aerei, ma non ci saranno esuberi. Ciò però ha attirato sull'esecutivo non poche critiche tra cui quelle dell’economista Andrea Giuricin, che si dichiara scettico a questo riguardo, infatti diminuendo solo del 35% il numero degli aerei è complicato pensare di mantenere tutto il personale. Ma le sue non sono le sole critiche, anche il Club Trasporti, il sindacato di base radicato nell’handling, è contrario al piano, affermando che sarebbero i lavoratori a subire il cambio di strategia su Linate e Malpensa. Inoltre, anche i membri della task force dell’ONU sui trasporti sostengono che la politica italiana non sia capace di elaborare una strategia industriale efficace. “Sprecare i soldi dei contribuenti per difendere Alitalia, che ha solo il 7,7% del mercato da e per l’Italia, è assurdo“.

Il salvataggio di Alitalia e la sua nazionalizzazione non sono una sorpresa, anche se non hanno mancato di suscitare le consuete polemiche da parte di chi accusa il governo di continuare a spendere soldi per tenere in piedi un’azienda destinata al fallimento, specialmente in un momento di grande crisi economica ed emergenza sanitaria dovuta la Coronavirus. In queste settimane quasi tutti i Governi europei hanno stanziato ingenti risorse per salvare le principali compagnie aeree, ma la crisi di Alitalia, in realtà, dura con fasi alterne da quasi trent’anni. L’ultima convulsione nella travagliata storia di Alitalia era iniziata già a novembre dell’anno scorso, ben prima della pandemia, quando le ultime offerte di acquisto per la compagnia vennero ritirate e il Governo si trovò di fronte alla difficile scelta di far fallire la società o mettere in atto un nuovo intervento pubblico, il terzo in poco più di dieci anni.

Dalla primavera del 2017 a oggi, sotto la gestione di numerosi commissari, Alitalia ha continuato a perdere soldi, circa un milione di euro al giorno, ed è sopravvissuta soltanto grazie a una serie di “prestiti ponte” forniti dal Governo e le cui scadenze sono state via via allungate. In questo periodo, il governo ha esaminato decine di differenti offerte di acquisto. In diverse occasioni si è arrivati vicini alla cessione della compagnia aerea, ma alla fine per una ragione o per l’altra le trattative si sono sempre concluse senza un accordo. Se sommiamo i 3 miliardi da poco stanziati a quanto Alitalia è già costata allo Stato (e quindi a noi contribuenti) in 45 anni vediamo che: dal 1974 al 2014 i costi diretti di Alitalia ammontano a 7,62 miliardi. Se poi aggiungiamo i 75 milioni versati da Poste Italiane a fine 2014 per l’operazione Etihad (poi sfumata), i 900 milioni "prestati" nel 2017 dal governo Gentiloni, si arriva a 8,6 miliardi, più anche i 145 milioni di interessi, non rimborsati. Ma lo sperpero di risorse pubbliche non finisce qui, infatti, a fine dicembre 2019 il governo M5S-Pd ha assegnato al nuovo commissario, Giuseppe Leogrande, altri 400 milioni, come "prestito" semestrale, che non verrà restituito né saranno pagati gli interessi per quasi 20 milioni. Aggiungiamo poi l’ultimo colpo: i 3 miliardi per la nazionalizzazione, più altri 350 milioni, residuo del decreto Cura Italia di Marzo. Si arriva a 12 miliardi 515 milioni sperperati dallo Stato per una delle compagnie più fallimentari del Paese. Sono poi da tener conto anche i 100 milioni (come minimo) che lo Stato dovrà spendere per gli oneri della cigs nei tre anni di commissariamento. Alla fine il costo è di circa 210 euro a testa per ogni italiano, neonati e malati compresi.

Quello di Alitalia è forse il caso di spreco dei soldi dei contribuenti più clamoroso, ma è solo uno dei tantissimi casi simili che la nostra classe politica ha portato avanti negli ultimi anni. Recentemente infatti c'è stata anche la nazionalizzazione di Corneliani azienda di abbigliamento maschile di alta fascia, in perdita da anni. Lo Stato dovrebbe occuparsi solo dei servizi veramente essenziali per la collettività, non di elargire mancette e aiutini alle imprese fallimentari, perchè la produttività non crescerà mai se chi lavora male non fallisce, anche perchè tutto ciò è finanziato tramite le imposte estorte alle aziende realmente produttive. Questo circolo vizioso sta andando avanti da molto tempo nel nostro Paese e ci sta portando pian piano verso il baratro, solo un profondo cambio di politica economica e industriale (ma anche di mentalità) può interrompere questo continuo declino e fare in modo che l'Italia torni finalmente a crescere.

L.G.

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